CORNICI E PRIGIONI

Il seminario Scritture in transito tra letteratura e cinema, guidato da Silvia Acocella, con Annachiara Monaco, Carmen LegaAchille Campanile, si addentrerà tra i luoghi di reclusione e le potenzialità narrative che dentro i limiti si moltiplicano. Già metafora della condizione umana in Pascal, il carcere diventa cella-cervello nel capitolo Il Prigioniero di Sterne, risalendo al grande archetipo del Don Chisciotte (scritto in prigione), per poi prolungarsi fino alla figura emblematica del prigioniero romantico (Brombert). L’immagine dell’infinito della mente chiuso in un cranio-prigione avvicinerà l’isolamento acustico e morale di Prisoner 709 alla solitudine abissale e allucinata di America Latina. Attraversando carceri reali, filosofiche e metaforiche, vedremo sovrapporsi l’imprevista danza del vecchio Schiller di Pellico con quella vertiginosa del degenere Moosbrugger di Musil, e il movimento delle mani di un pittore condannato all’ergastolo, in The French Dispatch, con quello delle mani di Primo Levi, che intrecciavano fili di rame, vuoti e animali totemici, a contrappeso del filo spinato del Lager. La cornice, che Simmel già vedeva come un argine alla dispersione centrifuga, rivelerà una nuova sostanza evanescente tra le forme esplose della modernità, ma anche un insopprimibile bisogno di guscio, di bordi e di strutture portanti, per tenere insieme i frammenti del romanzo novecentesco (come lo schema di una scacchiera digradante, ne Le città invisibili di Calvino). Una prigione di schermi televisivi, vasta come un intero mondo, avvolgerà, infine, l’illusione di felicità del Truman Show, finché uno strappo nel cielo di carta (molto simile a quello che ne Il fu Mattia Pascal aveva trasformato Oreste in Amleto) mostrerà al protagonista la via di fuga: una scala che darà nel vuoto, in uno spazio oscuro delle possibilità, dove si dissolveranno tutte le trame precedenti e quei destini che solo in un guscio-prigione potevano esistere. 

venerdì 22 aprile 

Aula Piovani (14,30-16,30)

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