
Questo evidenziatore che ho pescato ha abitato non solo la stanza altrui ma
pure la mia, nel passato come nel presente ed è motivo per me oggi di
pensieri e ricordi. Ricordi di quei nove mesi trascorsi a letto con la paura
di perderti; nove mesi di solitudine, nove mesi in cui ho abbandonato tutto
per salvaguardare te, la tua vita, ancora così fortemente dipendente da me.
Ma poi tu mi hai accompagnata nel tuo passeggino a sostenere gli esami.
La tua nascita ha illuminato e riempito la mia vita. Ma io mi sento in colpa
nei tuoi confronti. Perché anche un evidenziatore mi riporta a te e a me,
semplicemente a noi. A te che come primo gioco non hai avuto, o forse
non hai voluto, campanelle e sonaglini vari, ma un evidenziatore con il
quale hai scoperto che lo potevi tenere tra le mani ed addentare, lo potevi
far cadere sul pavimento, tanto io lo avrei raccolto e te lo avrei restituito
altrettante volte, in quel tipico e naturale passatempo da neonati.
A me che invece di aver giochi nella borsa avevo sempre un evidenziatore.
Avevo, perché ora con i tuoi dentini staccheresti il tappo.
A quell’immagine, fermata in una foto con il cellulare, di noi stesi sul
lettone, tu con un piedino in bocca e nella mano un evidenziatore mentre
io, accanto a tee, studiavo. Si, perché non sono una mamma lavoratrice né
una mamma casalinga, ma una mamma studentessa.
So che ti ho sottratto tempo, il tempo dei giochi, delle risate. Lo capisco
da quando hai iniziato ad imitarmi. Se ti si chiede: come studia mamma?
Tu prendi un foglio e muovi la testa e parli nella tua lingua.
Ricordo quelle poche volte che durante il giorno ti addormentavi al mio
seno, io nell’altra mano avevo un libro ed un evidenziatore.
Ti guardo e spesso le lacrime irrigano il mio volto. Mi sento, anzi so di
essere una pessima mamma. Una madre che tu, bimbo dolcissimo,