
È una caldissima giornata di giugno. Giulia arriva a Palermo da sola, non voleva che ci fosse qualcuno con lei, a corroborare i suoi primi respiri in quella città. Ha messo da parte i soldi per il trasferimento per circa tre anni ed era decisa a iniziare l’università ad ogni costo, anche se aveva incontrato, sulla sua strada, solo chi non faceva altro che sfiduciarla, cercando invano di convincerla che per lei fosse troppo tardi. Giulia è testarda, non le interessa quello che pensano gli altri, lo sa benissimo che ha 28 anni e alla sua età dovrebbe trovarsi un lavoro “serio”, non certo dedicarsi ancora a questa fissa per la geologia. Prima non aveva potuto però, non se lo poteva permettere di trasferirsi in quella terra che amava tanto, visitata da bambina, piena di rocce carbonatiche e di piccole insenature disseminate sul Monte Pellegrino.
È una caldissima giornata di giugno e Giulia sta cercando casa. In realtà le basterebbe una stanza in cui trascorrere i prossimi anni di studio. Aveva salutato i suoi amici, annunciando che una stanza sarebbe stata solo il punto di partenza e, se avessero accettato la sua candidatura a quel quiz di Rai 1, quello che piace tanto a sua nonna, lei avrebbe sicuramente vinto, potendosi permettere di comprare subito una casa a Palermo. I suoi amici, ogni volta che Giulia esordiva con qualche teoria sul futuro, pensavano semplicemente che fosse folle e scuotevano la testa. Tranne Pietro, il proprietario del locale per cui ha fatto da cameriera da quando aveva 15 anni: si godeva la scena dei suoi discorsi pieni di futuro soddisfatto da dietro al bancone. Lui la conosceva bene, sapeva che Giulia ci credeva davvero in quello che diceva, e se realmente lo avesse voluto, lo avrebbe fatto, non lasciava mai le cose a metà. Certo, vivere con delle matricole a quasi 30 anni secondo lui sarebbe stato frustrante, ma lei era positiva: alla fine che sarà mai? Alcol, festini e ragazzi in mutande per casa non la spaventavano, anzi.
Quando entra nell’appartamento che affaccia su Fontana Pretoria, l’avvolge un profumo di zenzero e limone fortissimo. A guidarla è la padrona di casa, una signora con degli occhi grandi, neri come la pece, ma che sapevano di anima buona. La signora le preannuncia prima di entrare: “La stanza secondo me è bellissima, non perché è casa mia, si intende, però è tutta gialla, e non me la sono sentita di ridipingerla. La ragazza che era qui la teneva come una bomboniera, e diceva che le dava una sensazione di benessere questo colore. In realtà chiunque entra qui dentro, è pervaso da tutta questa luce.” Giulia entra e non se la sente di fare domande. La stanza è realmente come la descrive la signora: tutte e quattro le pareti sono gialle, un grande letto matrimoniale è posto lungo il perimetro della prima parete sulla destra, di fronte al quale c’è la scrivania. Su quest’ultima ci sono delle candele gialle che profumano di zenzero e limone (possibile che provenisse da quelle candele il profumo?) e dei quaderni, ancora gialli, vicino a un portapenne con evidenziatori di tre gradazioni di giallo. Giulia inizia a pensare che la ragazza che avrebbe sostituito, aveva una sorta di mania, ma continua a tacere, pensando che in fondo realmente si sentiva bene tra quelle cose e che probabilmente le sarebbero state utili. Probabilmente il suo viso tradiva un misto di stupore e dubbio, la signora aggiunge: “Puoi pensarci se vuoi, e fare quattro chiacchiere con le ragazze di là per avere qualche informazione per la gestione della casa.” Giulia annuisce e inizia a girare tra le stanze di quella che già immaginava, sarebbe diventata casa sua.
In cucina, incontra Teresa e Rosalia davanti a una ceneriera piena e due caffè. La squadrano da testa a piedi e finalmente le sorridono. Teresa è minuta, bionda, con lo sguardo duro che si scioglie quando sorride, Rosalia ha il corpo di una donna e il viso di una bambina. Dopo una serie di convenevoli, di semplici presentazioni e di dinamiche di casa, Giulia si riserva di pensare ancora un po’ a cosa fare.
Quando arriva in albergo, si chiede chi fosse la ragazza che abitava lì, perché è tutto intatto e perché tutto questo giallo. Inizia a fantasticare su chissà quale storia, poi pensa che la deve smettere di farsi sempre così tanti film. Probabilmente si sarà semplicemente trasferita, sarà stata una stanza di passaggio come per tanti, la più banale delle considerazioni insomma, ma non se la sentiva di chiedere oltre, eppure qualcosa le diceva che non era una vicenda così semplice come appariva. Avvia Spotify e si addormenta. Il giorno successivo, decide di tornare in Piazza della Vergogna e di prendere la stanza. Seduta sul letto, decide di sistemare un po’ delle cose che aveva portato con sé, togliere un po’ di polvere. Intanto fantasticava su quello che avrebbe fatto in quella stanza, sulle mattonelle del bagno che avrebbe cambiato quando l’avrebbe comprata, se fosse il caso di lasciare tutto quel giallo. In un angolo della scrivania nota una mattonella del pavimento sollevata, a cui ieri non aveva fatto caso. Prima di reclamare con la proprietaria, pensa si tratti di un dettaglio, non si nota così tanto. Poi la alza. Trova un diario, ovviamente giallo. La deontologia le dice di non aprirlo, ma la curiosità è troppo forte.
«Hi guys, qui è Caterina che vi scrive, che a 24 anni ha ancora rigurgiti adolescenziali come l’uso del diario. Caterina è felice, perché oggi 20 aprile 2014 ha sconfitto il suo tumore e stravolgerà casa della signora Albano dipingendo tutto di giallo. Sono pronta a tutto! Anche a sentire Teresa lamentarsi di tutto il casino che farò per casa, mentre Rosalia mi preparerà caffè per sostegno morale. Ragazzi la vita è un ossimoro gigante: meraviglia e tragedia. I casi umani di cui ho fatto collezione fino ad ora, qualcosa me l’hanno insegnata. È inutile dare spiegazioni o cercarne, quando l’altro non è pronto a mettersi in discussione, ma soprattutto, come ho letto da qualche parte, “le querce non fanno limoni” (evidenziato con le tre gradazioni di giallo evidenziatore che ieri Giulia aveva visto sulla scrivania) la natura delle persone si rivela sempre, sebbene tentiamo di migliorarci, cambiarci, ci sforziamo, forziamo la mano, non facciamo altro che diventare bombe ad orologeria pronte a scoppiare da un momento all’altro, e mostrare al mondo la tragedia che abbiamo dentro. Ok ci sono le eccezioni, ma io adoro generalizzare e adesso esisto solo io e il mio Dio e quindi mi sia concesso di giudicarci tutti dall’alto del mio piedistallo di errori. Ora devo andare a comprare un po’ di cancelleria e la pittura, però la cosa non finisce mica qui eh!»
Giulia è senza parole. Posa tutto, non riesce ad andare oltre. Si siede sul letto e fissa il vuoto inebetita. La risveglia dal torpore, qualcuno che bussa alla porta: Teresa. “Ei, hai bisogno di qualcosa? Se ti va ci prendiamo un caffè e ti spiego un po’ tutto questo giallo.” “No grazie vorrei rimanere un attimo da sola, dopo casomai!”. La porta si richiude, Giulia si chiede dove cavolo sia finita la ragazza. Esce bruscamente, torna in albergo e si richiude in camera, si sente più tranquilla in quelle mura di passaggio, che hanno visto tanti, ma nessuno fermarsi quel tanto in più, da lasciare una traccia così forte. I suoi amici, che avevano studiato in giro per l’Italia, le avevano trovate sempre vuote le stanze, proprio a lei doveva capitare una cosa del genere?
Squilla il telefono della camera, è la reception. “Salve è arrivata una busta per lei.” “Scendo subito, chi l’ha lasciata?” “Una ragazza, ma non le saprei dire di più, aveva un foulard in testa.” Giulia legge una “C.” evidenziata di giallo sul retro della busta e risale in camera, dopo aver ordinato un doppio Campari al bar dell’albergo.