Disegno con penna Bic realizzato a partire dalla pesca di un oggetto nella Casa di Feltro: evidenziatore. STANZE Non sapevo se lo scorrere del tempo fosse scandito dalle lancette dell’orologio o da quei respiri pesanti, che mi premono le guance e mi impediscono di spostare il volto. Esattamente ai miei piedi c’è un orologio di legno, uno di quelli che è così vecchio che anche le lancette, che ogni notte si sentono più rumorosamente, sembrano essere state corrose dal tempo. La coda del mio occhio riesce sempre a guardare in quella direzione, l’orologio segna un orario che riesco a supporre sebbene la mi visuale risulti sfocata a causa della lontananza. Le lancette smettono di ticchettare solo quando mi sento avvolta da strati di pelle che attutiscono ogni suono, e anche la mia mente si sente protetta, libera di vagare perché sa che i suoi pensieri non usciranno di li. Davvero curioso come la tua pelle, isolante per ogni rumore, riesca a produrre così scanditi respiri, non appena cessa di essere una campana epidermica. Erano le quattro ed io, come sempre, restavo con gli occhi spalancati. Per sentirmi ancora al sicuro tra gli odori di una pelle familiare ero solita premere un po’ la testa sulla tua superficie, ma non troppo altrimenti non avrei visto l’orologio che continua martellare nella stanza. Tu però non lo senti, ti accarezzo i capelli e ti sei già addormentato. Devo smettere sempre gradualmente di spostarti i capelli dalla fronte perché anche il sotteso movimento delle mani che si insinuano nel tuo cespuglio rompono l’idillio sul tuo volto. Ti muovi a piccoli scatti e poi per istinto ti tremano gli arti, le mani cercano appoggio e non appena prendi atto che a meno di un sospiro c’è vicino a te il mio corpo, allora lo stringi e ti distendi. Vorrei poterti baciare nello spazio tra il naso e il lato sinistro del labbro, la cui parte superiore è leggermente più sollevata, e che pertanto non aderisce perfettamente a quella inferiore. Quello spazio mi sembra così indifeso, esposto esattamente come te quando mi affidi il tuo sonno. Tutte le volte fingo di dormire anch’io, così pensi di tenermi vicino anche nell’incoscienza, come due corpi uniti anche nell’immaterialità. Tuttavia, appena sento il respiro tuo che diventa pesante, io avverto nella mia testa l’orologio. Ed ecco che sono le sei ed io delicatamente mi alzo, staccandomi dalle pareti. Ti lascio un bacio sull’estremità del labbro sinistro, tu non apri gli occhi, ma so che mi senti. Mi senti come tutti le volte che mi muovo, anche se in silenzio. Implodono i rumori, il sole dell’alba fa rumore in quello spazio soffuso. La stanza epidemica si era ormai disfatta, così come quella delle notte che sa accarezzare, di cui ora restano solo le bianche pareti del giorno. di Claudia De Crescentis Illustrazione realizzata a partire dalla pesca di un oggetto nella Casa di feltro: una fotografia (riutilizzata nel disegno stesso). Illustrazione realizzata a partire dalla pesca di un oggetto nella Casa di feltro: il libro de La coscienza di Zeno.
“L’ho realizzato tramite Illustrator e Photoshop, sostanzialmente si tratta di un disegno vettoriale” [Karmen Ammendola]Illustrazione realizzata a partire dalla pesca di un oggetto nella Casa di feltro: un burrocacao. Disegno realizzato a partire dalla pesca di un oggetto nella Casa di feltro: chicco di caffè. “Ho usato il Watercolour per le macchie di caffè. E per il resto ho usato pennarelli acrilici per definire meglio Wall-e, e le colour pencils polychromatic della Faber-Castell” [Adriana Spisto] Disegno realizzato a partire dalla pesca di un oggetto: coccinella portafortuna. Fotomontaggio digitale ispirato alle foto di Jerry Uelsmann