L’inascoltato

L’essere umano è una macchina quasi sempre perfetta. Dotato di cinque sensi, di organi e di un apparato scheletrico, nasciamo, cresciamo, ci riproduciamo e moriamo.

Spinti dalla voglia di conoscenza scrutiamo il mondo circostante. Cerchiamo di carpire ogni piccolo segreto, ogni piccolo rumore, ogni piccolo evento. Cosa succede quando la macchina si inceppa e produce meravigliose imperfezioni? Cosa succede a chi nasce, con un senso mancante?

Questa è la storia di mio cugino Mariano De Pisi un giovane ragazzo di appena ventidue anni e mezzo che ha alle spalle una maturità e una consapevolezza di sé da fare invidia a Cartesio. Mariano è nato, citando le parole di Giuseppe Pontiggia, due volte: “ha dovuto imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda dipende da noi, da quello che sapremo dare. E’ nato due volte e il suo percorso sarà più tormentato”.

E’ nato alla ventiseiesima settimana del 16 settembre 1992. Poi l’ittero, chiamato anche il giallo dei bambini, ha aggredito il suo piccolo corpicino. La macchina perfetta si è inceppata. Il fegato ci ha messo più tempo per funzionare, i valori hanno iniziato ad alzarsi e la bilirubina ha danneggiato, non completamente, le cellule ciliate che servono a trasformare gli impulsi meccanici generati dalle onde sonore, in impulsi nervosi. Esce dall’incubatrice il 23 novembre ma i problemi non finirono. Durante il periodo dell’incubatrice ebbe asfissie ed apnee che provocarono una lesione celebrale che ha danneggiato gli arti sinistri.

Oltre alla lesione visiva della gamba, Mariano ha anche il sistema uditivo danneggiato, in pratica è diventato sordo. L’udito è il primo dei cinque organi di senso a svilupparsi nel feto e a favorire il contatto con l’ambiente esterno. Molti dottori consigliano alle gestanti di parlare parecchio con il futuro nascituro affinché possa iniziare a conoscere la voce materna, quel suono dolce e rassicurante, che ci guiderà per tutto il resto della nostra vita. Provo ad immaginare Mariano, che ha potuto sentire la voce della sua mamma nei lunghi sei mesi,essendo prematuro, ma immagino ancora di più la paura di un bambino appena nato avvolto dal silenzio più totale. Il vuoto intorno a lui, una quiete spaventosa. La voce dolce, familiare e rassicurante era scomparsa e la cosa più malinconica era che per ben tre anni, il silenzio sarebbe stato l’unico rumore percepito, contemplato e poi accettato. Mariano sentiva con gli occhi, quei grossi occhi verdi, che scrutavano ogni minimo gesto pur di non sentirsi solo. Immagino la sua difficoltà nel far finta di aver compreso ciò che non si è compreso, dover rispondere senza aver capito, ridere perché gli atri sorridono e non sapere perché.

Come fa quindi, Mariano ad avere un contatto con l’ambiente esterno?

Il più grande suono che riesce a percepire Mariano, è il silenzio. Sembra un paradosso ma non lo è.  Il silenzio a molti fa paura, altri lo ricercano come rifugio dal caos metropolitano, invece per Mariano il silenzio è tranquillità, è pace, è mondo il suo mondo. Nel suo silenzio può percepire il battito del suo cuore, il respiro dei polmoni e lo sbattere delle sopracciglia. Nel suo silenzio, vagano i suoi pensieri, i suoi dubbi, le sue paure, le sue riflessioni, le sue aspettative e le sue delusioni. Ha imparato ad apprezzare e conoscere se stesso; a comprendere il suo corpo; a conoscere il mondo che lo circonda. Per lui ogni suono è importante, ogni rumore è una nuova scoperta. Il ponte di connessione fra il silenzio e il suono, sono le protesi che porta da oltre diciannove anni.

Per Mariano non c’è differenza tra città, periferia, montagna o campagna lui tiene proteso l’orecchio sempre e ovunque. Nulla è banale. I ragazzi di oggi preferiscono isolarsi con i loro MP3 ascoltando musica pop, piuttosto che apprezzare il cinguettio degli uccelli, il rumore del vento, il ticchettio della pioggia. La natura ci offre ogni giorno una soave sinfonia ma noi, l’ignoriamo.

Mariano mi ha raccontato che preferisce i suoni dolci, proprio come quello del cinguettio degli uccelli perché lo rilassa. In città  non è molto facile sentirli perché il loro canto viene coperto da rumori ben più forti. Si sovrappongono i clacson delle auto, le grida dei passanti, le saracinesche dei negozi, le sirene, i piccioni che tubano e per Mariano, tutto ciò diventa confusione. Odia la confusione, mi ripete sempre che il caos disturba la nostra anima e impedisce alla mente di pensare.  Cosi’ si dirige verso la campagna, si siede fra l’erba e ascolta con tutti i suoi sensi. Ascolta il vento fra gli alberi, e il cinguettio degli uccellini.  Da soli o in compagnia essi cantano. E cosi’ prova gioia, piacere, benessere per un suono che per noi risulterebbe banale. Mariano, l’inascoltato, l’ascolta più di noi. Tenne un canarino maschio in casa, ma l’ha lasciato andare perchè il suo posto era volare libero in cielo. Non potendo andare spesso in campagna, ha deciso di scaricare su un cd tutti i suoni dolci della natura e naturalmente il cinguettio degli uccellini. Cosi’ può ascoltarli tutti i giorni. Ho provato a sentire anche io il suo cd, ma ero con la mente altrove. Infatti Mariano mi disse che non ascoltavo, ma sentivo. C’è differenza fra questi due verbi. Sentiamo con l’orecchio ma ascoltiamo con la mente. Sentire una voce non vuol dire ascoltarla. Ascoltare ed essere ascoltati è molto più complicato. Sentire significa semplicemente percepire una sensazione con i sensi, un suono con le orecchie, un odore per mezzo del naso.  Ascoltare invece è udire intenzionalmente un suono e prestargli attenzione; implica qualcosa in più del semplice sentire, non si tratta di un semplice atto superficiale, significa usare anche il cervello, cercando di capirne il vero significato.  

Mariano mi spiegava tutto ciò. Ecco perché io non apprezzavo la musica incisa su quel cd perché non ascoltavo con la mente. Ultimamente proprio a Napoli, ho chiuso gli occhi e ho provato ad ascoltare. Mariano aveva ragione. La città è caos, è confusione. Il rumore che sentivo era banalizzante per nulla vibrante o sollecitante; Invece i suoni dolci come li chiama Mariano, mi aprivano l’immaginazione evocando i ricordi di un’infanzia felice.

Mariano a sette anni ha capito di essere una macchina inceppata; ha iniziato a conoscere e ad apprezzare il silenzio; All’inizio non capiva, aveva paura ed era disorientato. Si rifugia in esso quando il mondo circostante non lo ascolta, lo delude, è cattivo o quando diventa troppo caotico. Nonostante ciò, ha imparato a dare peso e valore alle piccole cose; ad essere solare, ad apprezzare la vita. Ha grandi sogni e progetti ed io lo guardo ammirata perché proprio Mariano mi ha insegnato a sentire con le orecchie e ad ascoltare con il cuore.

Lucia Mazza

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