Briciole di malinconia. di Antonio Mastino

Dedico queste parole a una persona speciale, sapendo che la morte,  mai ci separerà dal vincolo dell’amore, l’unica cosa certa che ci accompagnerà per tutta l’eternità…Un  perpetuo  rintocco  di  campane!  È  festa!  Allegria  di  maggio,  potrei dire…  San  Ciro,  patrono  protettore,  tra  coriandoli  e  suppliche  avanza, costeggiando l’isolato stipato di gente. Tutti, bambini, padri, madri, in quel giorno  speciale,  accorrono  credenti  nella  chiesa  del  Santo,  che  mai  così gremita, tra  il  fumo  inanellato degl’incensi e  i canti corali si  gloria di quel giorno. Allegria di maggio, potrei dire…Chiudo la finestra, tentando di interrompere quel varco di struggenti ricordi e  alla  luce  della  mia  lampada  da  camera  ritorno  a  ripiegarmi  sui  libri, assumendo la mia maschera d’impassibilità. Il rumore di festa mi distoglie, chiudo i libri, la malinconia assedia ciò che un tempo, in tali ricorrenze, era allegria.  Qualcosa  manca,  l’anima  ha  vuotato  tutti  i  suoi  scomparti  alla ricerca  di  ricordi  che  alimentassero  un’assenza  sempre  crescente.  E  così, come  dinanzi  a  uno  specchio  dalla  superficie  scrostata,  io,  confinato  nella mia  camera,  seduto  alla  scrivania  con  un  preciso  ricordo  di  te  tra  le  mani, osservo  il  vuoto  lasciato dalla tua assenza, proprio con  gli stessi occhi con cui si cerca di vedersi interi in una lastra intaccata da buchi neri.  Ovunque, su ogni oggetto che  mi circonda colgo  il tuo riflesso, la tua traccia… Cosa ho  perso?  Circospetto,  inabissato  nelle  profondità  labirintiche della  mia memoria,   ti   ricordo,   recuperando   la   grande   eredità   d’affetto   che   hai lasciato!  Attaccato alle  macerie di questo strappo,  con  una  fotografia tra  le mani  irrigidite  dal  dolore,  simulo  una  carezza,  l’ultima  che  avrei  voluto prima  che  il  tempo  tiranno  ti  rapisse  definitivamente,  portandoti  lontanodalla crudeltà di questa Terra.   Scrivendo  soddisfo  un  bisogno  di  sfogo,  una  necessità  nata  dall’incontro con il tuo sguardo, immortalato in un’istantanea fatta dalla mia fotocamera, una delle ultime immagini scattate. Sono tutte custodite, qui, nei cassetti di ogni  mobile.  Talvolta  le  osservo,  riprendo  tra  le  mani  una  parte  di  te, una reliquia cartacea che mi ricorda la tua fisionomia. In certi istanti, la paura di dimenticare  il  tuo  volto  è  forte.  Vederlo  lì,  immobile  nel  tempo,  stampato sulla carta è un appiglio, un  qualcosa di postumo.  Tuttavia, prim’ancora di essere  impresso  sulla  carta,   il   tuo   nome   è  custodito   nel   mio  cuore. Conservo  il  ricordo  di  una  persona  che  ha  passato anni a  foggiare  spade e scudi  per  tutta  la  famiglia  con  l’acciaio  più  resistente,  e  adesso  ha  un grande esercito che proteggerà per sempre il suo amore, il suo ricordo.  Soltanto  adesso  penso  al  bene  che  ti  volevo  e  che  forse  non  ti  ho  mai dimostrato  nel  modo  giusto.  Ripenso  al  suono  della  tua  voce,  un’eco lontana. Non sentirsi più chiamare dalla tua voce! La tristezza mi avvolge e lascio che il dolore a poco a poco divori, trasformandosi in malinconia. Tu, che  nonostante  fossero  passati  anni  dalla  morte  del  nonno  continuavi,  in qualche  modo  ad  aspettarlo,  ricordandolo  con  il  sorriso,  per  poi  andare  in cucina e asciugarti le lacrime; tu che con la tua semplicità hai conquistato il bene di tutti e ti sei portata via  un pezzo di cuore  importante. Ti aspetto, ti aspetterò  sempre,  passeranno  i  mesi,  gli  anni,  ma  io  non  ti  dimentico. Ricordarti in foto è un colpo al cuore, è un rammentare la tua assenza nella quale  ormai  vivo.  Non  ero  pronto,  nessuno  lo  era.  Il  tempo  è  passato, ma non  mi  sono  ancora  rassegnato  all’idea  che  tu  non  ci  sia  più. Tuttavia,  è proprio  vero,  la  nostra  vita  non  è  nostra.  Da  grembo  a  tomba  siamo legati agli   altri,   passati   e   presenti,   e   per   ogni   crimine   ed   ogni   gentilezza generiamo il nostro futuro. È  difficile  ricordarti  in  queste  poche  righe,  riportare  tutte  le  sfumature  e  i desideri inattuati,  la tua pienezza,  la tua bontà. Esistono, però, alcuni versi di  Pablo  Neruda  a  me  molto  cari,  che  spesso  rileggo  e  mi  ricordano  che essere  vivo  richiede  uno  sforzo  di  gran  lunga  maggiore  del  semplice respirare.  Se muoio sopravvivimi con tanta forza pura che tu risvegli la furia del pallido e del freddo, da sud a sud alza i tuoi occhi indelebili, da sole a sole suoni la tua bocca di chitarra. Non voglio che vacillino il tuo riso né i tuoi passi, non voglio che muoia la mia eredità di gioia, non bussare al mio petto, sono assente. Vivi nella mia assenza come in una casa. E’ una casa sì grande l’assenza che entrerai in essa attraverso i muri e appenderai i quadri nell’aria. E’ una casa sì trasparente l’assenza che senza vita io ti vedrò vivere e se soffri, amor mio, morirò nuovamente. E  così,  m’illudo  di  poter  scrivere  di  te,  trascinando  questa  penna  e  il  mio corpo, cerco… vorrei che cambiassero le impostazioni di questa vita, che si mostri  l’originalità.  Allora  spero,  da  inetto,  nell’inettitudine  di  riconoscere attraverso i sensi nell’aggregazione dell’aria, dei suoni e delle luci i ricordi annebbiati, prossimi all’oblio e di farne un collage della memoria.  L’ultimo bacio, l’ultimo abbraccio Ciao Nonna…Antonio Mastino   

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