Quei baffi
Din. Din. Din. Luce rossa. Faticosamente la sbarra a strisce si abbassa. Sento la rabbia degli automobilisti che si accaniscono contro il caso che gli farà perdere tempo. Perdere tempo. Mi trovo in macchina, frequento le scuole medie, c’è mio padre alla guida che mi sta accompagnando a scuola, è tardi ed il passaggio a livello si è chiuso davanti ai nostri occhi. Io frequento le scuole medie, vivo quell’età in cui è labile la consapevolezza che ognuno ha di sé, si mescola liberamente con aspirazioni e sogni di altri; volevo diventare una pittrice, ora dipingo con le parole. Mio padre dipinge quadri, copia quadri di altri, sono appesi a tutte le pareti di casa e sin da piccola li osservo. All’inizio non sapevo fossero copie, con il tempo l’ho scoperto ed ho amato uno solo di questi, un particolare solo. Il quadro ritrae un uomo barbuto che rivolge le spalle ad un paesaggio, si sposta dietro un muro, è buio, cerca di accendere la sua pipa, io adoro l’ombra che la pipa disegna sulla sua barba, sembra così sbagliata.
Siamo fermi, è tardi. Accade qualcosa, il tempo rallenta, il lamento degli automobilisti sospeso, sono in una bolla. C’è un uomo, un venditore di bolle di sapone, il suo volto è scuro come i suoi occhi, inespressivi, stanchi. È mio padre a farmelo notare, guarda i suoi baffi, folti e neri, mi racconta che in quei baffi c’è la storia di quell’uomo, la sua virilità.
Era un quadro e mio padre avrebbe voluto dipingerlo, lo fece con le parole e fui l’unica a vederlo. I nostri binari quel giorno si incrociarono. Non sono diventata una pittrice. Dipingo con le parole.
Din. Din. Din. La luce si spegne. Faticosamente la sbarra a strisce si alza. La bolla si rompe. Controluce ne conservo il riflesso, sulla mia vita.
Roberta Angelica Ruotolo