Cartelloni pubblicitari
Il viaggiatore del tram è lo spettatore ideale dei cartelloni pubblicitari che costellano le vie cittadine. Le fermate sono frequenti, il via vai è intenso e la vecchietta col sacchetto della spesa ci mette un po’ a scendere: deve piegarsi di lato, sollevare un po’ la gonna lunga, trovare un appoggio sicuro e alla fine oplà! Ce l’ha fatta.
Tu però, nel frattempo, sei rimasto al tuo posto. Per la tua fermata manca ancora un po’. E guardi fuori dal finestrino, non tanto perché realmente interessato a ciò che c’è al di là del doppio vetro, quanto piuttosto perché te ne stai lì seduto, occupando uno dei quindici posti disponibili, a scapito di tanti altri che soffrono in piedi, magari anziani, magari con bambini in braccio, stretti come sardine, e (ammettilo!) te ne vergogni un po’. Potresti alzarti e far accomodare qualcuno al tuo posto ma non sei così altruista, nonché un po’ claustrofobico. Così resti lì: seduto, con l’ipod nelle orecchie, la borsa sulle gambe, il naso spiaccicato nel finestrino e lo sguardo, studiatamente indifferente, verso il fuori.
È così che scorgi quel provvidenziale cartellone pubblicitario che ti autorizza in qualche modo a non badare alle nuove vecchiette che salgono e rimangono in piedi. In piedi mentre tu te ne stai comodamente seduto. Che vergogna! Ma tu non te ne sei accorto. Quel cartellone ti ha rapito. E dopo un po’ è così davvero: lo slogan, la vignetta, il testimonial che conosci ma di cui non ricordi il nome (e la scritta che lo riporta è troppo piccola, nonostante tu ci veda benissimo), e persino l’asimmetria dei parati che deformano la fotomodella o il calciatore di turno.
Ne diventi un appassionato e un esperto, al punto da farne un passatempo. Geniale poi la scelta di piazzarli per lo più in corrispondenza delle fermate del bus. Non tutti però. Alcuni, infatti, li trovi dislocati per le vie cittadine, o accanto a semafori che però non funzionano mai per cui l’autista, prepotente e forte della stazza del suo mezzo, riesce sempre ad avere la meglio sugli altri veicoli e tu, povero spettatore, in quel caso sei costretto a lanciare solo uno sguardo di sfuggita senza mai riuscire a cogliere del tutto il messaggio nel suo complesso.
Ma il pendolare è uno che per antonomasia non si arrende, lotta, escogita. Tu che sei pendolare hai imparato a limarti le unghie alla fermata senza mai perdere di vista ogni singolo mezzo a quattro ruote, a tracciare grafici e tabelle con gli orari dei mezzi di trasporto e a calcolare statisticamente la percentuale di ritardo delle linee urbane. Per cui tu che sei pendolare non ti arrendi e escogiti un sistema per aggirare l’ostacolo: memorizzi cioè il punto in cui si trova il cartellone oggetto del tuo studio e ti predisponi ad analizzarlo a pezzi, frazionandolo, di modo da coglierne ogni giorno un singolo dettaglio ma ogni volta un dettaglio in più, nell’ideale progetto di ricostruirlo un po’ per volta, nella mente, come un puzzle.
Diventa un po’ un appuntamento, un rito. E diventano giorni persi quelli in cui rimani in piedi, lontano dal finestrino, o quei giorni in cui piove a dirotto e non si vede un’acca. Del tipo che maledici puntualmente per tutta la corsa il traffico che ti fa arrivare in ritardo a lavoro ma, incoerente (non del tutto), te lo auguri in quel determinato incrocio.
Finché arriva un giorno, o meglio il giorno, in cui hai programmato che, con un po’ di fortuna, coglierai l’ultimo tassello. Sei tutto occhi e aspettativa, ti lisci un po’ la giacca per l’occasione e cominci ad essere un po’ agitato approssimandoti all’incrocio. Ma, ahimè, quella mattina il contratto è scaduto. Così, quando il tram svolta l’angolo, al posto del tuo ormai affezionato compagno di carta, ti ritrovi lì due operai, armati di colla e parati, pronti ad affiggere una nuova pubblicità: un nuovo slogan, una nuova vignetta, un nuovo testimonial. Qualcosa si intravvede ancora sotto; non la parte che interessava a te, ovviamente. Sospiri. Pazienza. E in cuor tuo sai che, anche stavolta, almeno uno dei parati non combacerà con gli altri due.
Antonietta Molinaro