SPECCHIO

di Miriam Nacca

Tra le mie mani scivola uno specchietto dai bordi argentati e marroni. La mia fronte si aggrotta nel tentativo di ricordare l’occasione in cui ne sono venuta in possesso. 

È un regalo di mia nonna, suppongo… sì è così.

 Me lo regalò al ritorno dal suo viaggio a Firenze, ora ricordo! Quando me ne fece dono, immediatamente e impulsivamente, mi specchiai: il viso di una tredicenne sorridente mi apparve tra le mani. Non pensai, in quel momento, a quante altre volte mi sarei ritrovata in quello specchio e soprattutto non mi sfiorò l’idea di tutti i cambiamenti che quel piccolo pezzo di vetro avrebbe registrato in me ogni volta che lo avessi usato. Eppure non l’ho usato chissà quanto spesso. Dopo un po’ è finito nel ‘dimenticatoio’, tanti specchi più grandi gli facevano concorrenza tra le mura di casa, e l’iPhone l’ha sostituito all’aperto.
Forse è stata proprio questa dimenticanza, questo abbandono, a renderlo più caro ai miei ricordi.
Oggi non è più il volto di una tredicenne quello che mi restituisce lo sguardo dal palmo della mano.
In un attimo paragono il ricordo di me stessa, il riflesso infantile e quello di una giovane donna.
Ambizioni, sogni, paure, sorrisi, nuvole di pensieri: tutti tasselli che formano un essere dalla complessità non riproducibile nel riflesso di uno specchio.
Noi ed il nostro riflesso siamo frammenti di qualcosa che deve ricomporsi, ci sforziamo di trovare una corrispondenza tra ciò che immaginiamo di essere e ciò che lo specchio, un fiume o una pozzanghera ci restituisce.
Spesso intravediamo noi stessi tra luccichii e increspature.
Nascondiamo agli altri il nostro ‘bug’, il nostro punto di frattura, la falla nel sistema rigidamente concepito del nostro aspetto esteriore. Chi riesce a cogliere questo punto o è con noi o è contro di noi, che diffidenti sorridiamo delle nostre insicurezze.
Il pezzo di specchio che portiamo dietro è la tessera del puzzle che ci completa, il collante dorato tra la potenza e l’atto, lo scotch di carta tra l’immagine ideale e la corrispondenza nella realtà.
Ah se solo riuscissimo ad incastrare i pezzi senza che questi stridano, inevitabilmente, sfiorandosi tra loro in una carezza di ruggine e di scintille!
Ho trovato lo specchietto di mia nonna sul comodino stamane, gettato lì da non so quanto tempo.  La polvere mi rendeva impossibile cogliere il mio occhio nel vetro. Un soffio… e mi appaiono le ciglia, appare il mio sguardo arrossato e sorpreso di fronte al rivelarsi di una nuova immagine. Un nuovo inizio, da quella polvere che si leva e quello sguardo che si posa su un suo doppio.

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